Arriva dall’ultima rapporto del REF Ricerche, una società indipendente che si occupa di trend e criticità su consumi, servizi e rifiuti: l’Italia è a rischio collasso smaltimento rifiuti speciali.

Malgrado l’effettivo cambiamento avvenuto negli ultimi vent’anni in sensibilità istituzionale e sociale su tematiche di natura ecologica in Italia, con il progressivo aumento delle percentuali di raccolta differenziata pro capite, l’allarme lanciato dal REF Ricerche di Milano riguarda i rifiuti speciali, pericolosi e non.

Innanzitutto un chiarimento: vengono definiti rifiuti speciali quelli derivanti da attività produttive di industrie e aziende, gestiti e smaltiti da aziende autorizzate allo smaltimento; a loro volta i rifiuti speciali sono classificati in pericolosi e NON, se contengono al loro interno un’elevata concentrazione di sostanze inquinanti.  Se definiti pericolosi devono, prima di essere smaltiti, subire trattamenti che li rendano innocui.

Quindi mentre da una parte la realizzazione di termovalorizzatori e la riduzione dell’uso delle discariche a cielo aperto ha permesso un incremento della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti urbani, permettendo un’evoluzione anche nei sistemi di raccolta come il porta a porta e praticamente l’eliminazione dei cassonetti urbani,  il nostro paese resta carente per ciò che riguarda trasformazione e smaltimento rifiuti speciali.

Ad accrescere le criticità è la stretta correlazione tra aumento della produzione di rifiuti e crescita dell’economia; un monitoraggio dal 2013 ha evidenziato come una maggiore produzione delle nostre imprese corrisponde un aumento annuale di almeno il 10% dei rifiuti speciali. Infatti la Lombardia si distingue quale regione a più elevata produzione economica e come primo produttore di rifiuti speciali.

Le regioni, a cui è stato delegato il compito di pianificare e sviluppare piani di intervento, hanno più volte dimostrato di non avere strumenti adatti a loro disposizione, si di natura economica che di natura legislativa per dare il via alla trasformazione o, in molti casi, realizzazione di impianti di trasformazione e smaltimento rifiuti speciali. Ad oggi le soluzioni adottate sono di natura ‘migratoria’, ovvero il trasferimento dei rifiuti pericolosi da una regione all’altra, se non addirittura oltre confine.

A questo punto si intravvede un’unica strada percorribile che darebbe una concreta mano alla soluzione smaltimento e dall’altra potrebbe anche tradursi in una conversione in risorse energetiche da re-introdurre nel nostro paese diminuendo anche l’importazione (per esempio di elettricità) che di fatto avviene. Una seria presa di coscienza del problema, al livello istituzionale e politico sarebbe il primo passo.

Cosa che in un modo o nell’altro avverrà dal momento che la stessa Comunità Europea ha sta valutando l’introduzione, a partire dal 2024, di target di riciclo/recupero anche per i rifiuti speciali; ciò comperterà l’abbattimento di vincoli di carattere amministrativo e di consensi che ad oggi ostacolano gli investimenti necessari ad adeguare gli impianti a gestire gli scarti dell’attività produttiva.

Non è un segreto che ogni giorno attraversano i confini della Toscana 24 tir carichi di rifiuti prodotti sul territorio, alla ricerca di impianti dove la nostra spazzatura possa essere gestita in sicurezza: in un anno, si tratta di ben 8.760 camion. Una carovana che inquina in termini di emissioni, costa ai cittadini in termini di tasse e alle imprese in termini di costi di smaltimento. E la Regione Toscana è solo al sesto posto della classifica dei territori che non smaltiscono ‘a casa loro’: il podio spetta saldamente al Lazio, alla Campania e alla Sicilia.

Lo studio del REF Ricerche conclude quindi: “…occorre ripensare profondamente la gestione dei rifiuti del Paese, superando il dualismo tra rifiuti urbani e speciali e costruendo gli impianti necessari alla loro gestione, con soluzioni in grado di assicurare la “prossimità” dello smaltimento e del recupero anche al rifiuto di origine non domestica, al fine di contenerne la movimentazione e i costi per il sistema delle imprese.”

E, a questo punto, non si tratta più solo di un consiglio.